05.12.3310
Jokonnoh era vistosamente nervoso, pensava di aver tagliato tutti i ponti col passato, che oramai, inseritosi in un contesto lontano da quello degli “spaziali”, fosse stato rimosso dagli annali e lasciato a se stesso, dimenticato dal “vento solare”. Gli spaziali possono accettare che qualcuno abbandoni la via, possono accettare anche che la via venga ripresa, ma non vanno a cercarlo, non vanno a trovarlo nella sua nuova casa o a vedere come sta, e soprattutto non lo fa un Decano. “Deve essere stato per settimane, forse mesi a sorvegliarmi” pensò, “e ora bussa alla porta della Corporazione come un vecchio amico che passa per caso nelle vicinanze. Se non sapessi chi è un Decano, sarei quasi lusingato.”
Ma lui sapeva cos’era un Decano, e che dietro alla loro imperscrutabile maschera c’è un individuo che è a metà tra un giudice e sacerdote, un figura di riferimento che raramente si avventura fuori dalla propria “Decima”.
Nelle migliori ipotesi vorrà un “favore”, considerandomi un contatto abbordabile potente a capo di una corporazione potente, e me la caverò con poco lavoro ed un “grazie a buon rendere”.
Ma la peggiore delle ipotesi faceva salire un’ansia viscerale. Leverage non era un decano qualsiasi, era il Decano della Decima di Jokonnoh, troppe coincidenze, Erano passati quasi nove anni dall’incidente e, giunti praticamente all’anniversario, il passato si ripresentava.
Farlo attendere oltre non sarebbe servito a nulla, quella gente è conosciuta per la pazienza, potrebbe stare ore ad attendere nell’anticamera senza mostrare segni di nervosismo o irritazione.
“Cubotto fa entrare il Decano Leverage e lasciaci soli per cortesia”
“Certo” Cubotto aveva intuito che qualcosa non andava e la sua consueta faccina sorridente era sostituita da una più neutra.
Aperta la porta, l’IA si rivolse all’ospite. “Prego può entrare”
Leverage era di fronte alla porta, su una poltroncina di velluto nero che contrastava col mantello rosso scuro che copriva una tuta spaziale cerimoniale tipica, un mix di vecchia ferraglia proveniente dalle prime flotte Spaziali e tecnologia di ultima generazione, come consuetudine dei Decani; parti delle tute vengono tramandate riciclate e recuperate. Il casco completamente nero, sormontato da un cappuccio del medesimo colore del mantello lasciava scoperto la parte frontale ma al posto del viso si poteva vedere solo la visiera cremisi dalla quale si scorgeva vagamente l’ombra scura che ricordava una faccia. Le braccia scivolavano sopra i braccioli della poltrona lasciando cadere a peso morto le mani. Il Decano non era seduto composto, anzi, aveva il bacino leggermente in avanti sulla seduta, in una posa piuttosto rilassata. Sarebbe potuto sembrare un fantoccio, un inquietante fantoccio, ma mosse leggermente il capo verso Cubotto fissandolo per qualche secondo sussurrando con una voce contraffatta anch’essa inquietante “Antica macchina?” Poi continuò “No, solo una pallida imitazione”.
Cubotto mostrò una faccina sorpresa a questa affermazione, poi lasciò la stanza e lo fece accomodare
Jokonnoh Si alzò e si avvicinò, strinse i pugni portandoli leggermente in alto e avanti, all’altezza delle spalle, chinando leggermente la testa.
“Vedo che ancora ricordi le usanze, malgrado il tuo stato” Disse il visitatore.
Leverage restituì il saluto, ripetendo il gesto e sfiorando le mani di Jokonnoh.
“Non è andato tutto perduto, Decano. Cosa ti porta così lontano da casa?”
“Cerco verità, fatti e… giudizio”
Il comandante serrò leggermente i denti.
Leverage ruppe l’improvviso silenzio:
“Nove anni fa la nostra Decima ha perduto una nave comunitaria, perso innumerevoli dati, ed il vento solare ha reclamato due vite.”
“Lo so bene, Decano, io ero là, ne sono uscito a stento.”
“Allora sono nel posto giusto. Tu mi aiuterai a capire, a scavare, a far emergere la verità”
“La mia memoria è a pezzi, non ricordo granché, e cosa c’è da capire? Il generatore è esploso, non ha retto il sovraccarico”
“Puoi raccontare ciò che vuoi a questa gente, ma io so, tu sai. Hai scelto un nuovo nome, una nuova via, ma il tuo vecchio nome e la tua vecchia via sono sempre là, non sono finiti, esigono un giudizio”
“Non so proprio come aiutarti, Posso farti accedere ai registri, ai resoconti delle autorità, alla mia cartella clinica per…”
“Ho già tutti gli accessi che mi servono, quello che non ho ancora è nella tua testa.”
“Allora hai fatto tanta strada per nulla, mi spiace.”
“Io non credo. Resterò nelle vicinanze ad osservare, indagare e capirò.”
“Cosa c’è da capire?”
“Cosà è vero, cosa è falso. Arrivederci, comandante… devo chiamarti Jokonnoh? Mi pare equo, io ho scelto il mio nome, tu il tuo”
“Certo. Non ricordo granché della mia identità.”
“Eppure non mi hai chiesto nulla riguardo ad essa, curioso, non trovi?”
Leverage si voltò ed uscì dall’ufficio del CEO che pensò: “Le cose si mettono male…”
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